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Multa parcheggio strisce blu: motivo di ricorso per ottenerne l’annullamento.

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In caso di ricorso avverso una multa parcheggio strisce blu, se il ricorrente eccepisce l’assenza, nelle vicinanze, di parcheggi non a pagamento, nonché il fatto che il veicolo era stato parcheggiato in area non esclusa da un tale obbligo di predisporre, da parte del Comune, libere aree di parcheggio, come previsto dall’art. 7 comma 8 codice della strada, spetta all’Autorità comunale provare, mediante la produzione in giudizio, l’esistenza di delibere che prevedano l’istituzione di spazi adibiti a parcheggio gratuito, ovvero quelle che esonerano il Comune, in forza delle caratteristiche dell’area, dall’obbligo di predisporre libere aree di parcheggio.

Se il Comune non assolve tale onere probatorio, il Giudice deve accogliere il ricorso.

La Cassazione, infatti, con ordinanza 20 maggio – 3 settembre 2014, n. 18575, ha affermato che nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada (nel caso in oggetto, multa parcheggio strisce blu), grava sull’autorità amministrativa opposta (il Comune), a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente (ricorrente, cittadino), che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova dell’esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7 C.d.S., comma 8.

Tizio impugnava avanti il Giudice di Pace una multa notificatagli per non aver esposto il ticket in un parcheggio a pagamento (strisce blu), eccependo l’assenza, nelle vicinanze all’area con obbligo di pagamento col ticket, di spazi riservati a parcheggio libero e la mancanza di delibere comunali che qualificassero la via in cui era avvenuta l’asserita violazione, come aree per le quali non sussiste tale obbligo.

L’art. 7 comma 8 del codice della strada prevede, infatti, che qualora il comune disponga l’installazione di dispositivi di controllo di durata della sosta (strisce blu) deve riservare, su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, un’adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite “area pedonale” e “zona a  traffico limitato”, nonché per altre definite da un decreto ministeriale dei lavori pubblici, e in altre zone di particolare  rilevanza  urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.

Il Giudice di Pace rigettava il ricorso sulla base del fatto che il ricorrente non aveva provato l’inesistenza di parcheggi “liberi” nelle immediate vicinanze, né che la via ove il medesimo aveva parcheggiato rientrava tra quelle zone esonerate da tale obbligo.

Il ricorrente impugnava la decisione avanti il Tribunale che, tuttavia, rigettava l’appello.

La predetta decisione veniva impugnata, con ricorso in Cassazione, deducendo che fin dall’inizio il ricorrente aveva dedotto l’assenza di parcheggi “liberi” nelle vicinanze e che non sussistevano delibere comunali che definivano la zona comprendente la via ove il ricorrente aveva parcheggiato, tra quelle sottratte all’obbligo di cui all’art. 7 comma 8 del codice della strada. Veniva, inoltre, denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c., poiché il Tribunale avrebbe fatto incombere sul ricorrente – e non sul Comune – l’onere di provare la presenza delle condizioni ostative all’operatività dell’obbligo di predisporre spazi liberi di parcheggio.

La Cassazione accoglieva il ricorso, affermando il principio di diritto sopra esposto, in quanto, come in più occasioni affermato dalla Corte, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l’Amministrazione, sebbene formalmente convenuta in giudizio, assume sostanzialmente la veste di attrice: “spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata, mentre compete all’opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi (Cass. 927/2010; 5277/2007).

Nel caso di specie, infatti, il ricorrente, sia in primo grado che con i motivi di appello, aveva allegato tanto di non aver trovato spazi liberi per il parcheggio nelle vicinanze del luogo in cui era avvenuta l’asserita violazione, quanto l’assenza di delibere comunali che qualificassero l’area in questione come quella “rientrante nella zona A del D.M. 2 aprile 1968, o che si tratti di area urbana di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale”: condizioni, queste ultime, alternative per esonerare l’Amministrazione dall’obbligo di predisporre aree di parcheggio libero.

Una volta dedotto ciò, il ricorrente aveva esaurito il proprio onere processuale: l’Amministrazione, sollecitata dal ricorrente, avrebbe dovuto produrre in giudizio le delibere da essa emesse, che prevedevano l’istituzione di spazi adibiti a parcheggio gratuito, ovvero quelle che esoneravano il Comune, in forza delle caratteristiche dell’area, dall’obbligo di predisporre libere aree di parcheggio.

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